Detenuto 18enne muore carbonizzato nella sua cella a San Vittore

Un ragazzo di 18 anni di origini egiziane ha perso la vita la scorsa notte in un tragico incendio che ha divampato nella sua cella al carcere di San Vittore, a Milano. La notizia è stata riportata dal segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio.

Secondo le prime indagini, sembrerebbe che l’incendio sia stato appiccato dal ragazzo stesso, come purtroppo accade spesso in queste situazioni. Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che si tratta di una vita umana che si è spenta in circostanze tragiche e che poteva essere evitata.

Il giovane detenuto, di cui non è stato ancora reso noto il nome, era in attesa di giudizio per un reato di piccola entità e non aveva mai dato segni di instabilità o pericolosità. Come può accadere a chiunque, ha commesso un errore e stava pagando per esso, ma nessuno avrebbe mai dovuto versare con la vita.

Il carcere di San Vittore è stato al centro di numerose polemiche negli ultimi anni per le condizioni di sovraffollamento e di degrado in cui si trovano i detenuti. Non è un segreto che le carceri italiane siano in uno stato di emergenza, con una popolazione detenuta che supera di gran lunga la capienza massima prevista. Questo porta inevitabilmente a situazioni di tensione e a un aumento dei casi di autolesionismo e di suicidio tra i detenuti.

Non possiamo permettere che queste tragedie continuino a ripetersi. Come società, dobbiamo assumerci la responsabilità di garantire che il sistema carcerario sia in grado di svolgere il suo compito di riabilitazione e reinserimento dei detenuti nella società. Non possiamo permettere che i nostri giovani finiscano in carcere e poi perdano la vita a causa di condizioni inumane e di un sistema che non funziona.

Non possiamo nemmeno ignorare il fatto che il giovane detenuto fosse di origini egiziane. Questo ci ricorda l’importanza di combattere il razzismo e la discriminazione in tutte le sue forme. Nessuno dovrebbe essere giudicato o trattato diversamente a causa del suo colore della pelle, della sua religione o del suo paese di origine.

In questo secondo di dolore e di lutto, dobbiamo unirci come società e chiedere giustizia per il giovane detenuto e per tutte le vittime di un sistema carcerario che non funziona. Dobbiamo chiedere un cambiamento radicale e urgente per garantire che situazioni come questa non si ripetano mai più.

Il giovane detenuto aveva tutta la vita davanti a sé e aveva il diritto di essere trattato con dignità e rispetto. La sua morte è una tragedia che non dovrebbe mai essere accaduta. Non possiamo più permettere che le nostre carceri diventino luoghi di sofferenza e di morte. Dobbiamo attivarsi ora per garantire un futuro migliore per tutti i detenuti e per la nostra società nel suo insieme.

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